Accoglienze

Fatico ad assorbire informazioni in merito a cose, ma anche a persone, per cui non provo il benché minimo interesse. Per tutto ciò che non mi stimola curiosità. E allora osservo, e ascolto impassibile, ciò che la vita mi va a raccontare, lasciando inalterato e spoglio, ogni angolo di memoria, sempre pronto a nuova e corroborante accoglienza. La mia pelle è tovaglia, scacchi bianchi e rossi, solo selezione impermeabile di stimoli ben piantati.

Abitudine

Riflettevo sul concetto di “abitudine” e mi sono incuriosito nel cercarne l’etimologia, che ovviamente, come suggerisce la parola stessa, deriva da “abito”. Ma a sua volta quest’ultimo deriva da “modo di essere, disposizione dell’animo”, un significato molto più profondo di ciò che potrebbe fuorviare, ovvero il vestito esteriore. Così mi è venuto in mente che anche nelle relazioni, quando ci si lamenta del subentro di abitudine, si commette un errore grossolano, perché l’abitudine a comportarsi in un certo modo peculiare al rapporto c’era fin dall’inizio; è piuttosto il rinnegare, il rinunciare all’abito caratterizzante degli inizi a impoverire e sbriciolare il rapporto stesso. La stanchezza, il distacco, le piccole o grandi ostilità, il disinteresse, la perdita di stima e di rispetto, lo spegnersi di passioni ed emozioni, tutto questo è un vero e proprio tradire le abitudini iniziali, quando l’entusiasmo dimorava nella relazione. Credo sia un processo fisiologico, anzi: per coloro che posseggono il dono della resistenza, la capacità di mettersi in discussione e la volontà di tramutare le umane paure del cambiamento in coraggio, questo può essere un salto di qualità che conferirà alla conoscenza nuova linfa, un rinnovato modo di vivere in compartecipazione.

Prospettive

A volte concentriamo le nostre forze nel vedere la parte buia, concentriamo i nostri pensieri sulla negatività, su ciò che sembra impossibile poter cambiare.
In determinati momenti della nostra vita prevale il nero, ma se ci fermassimo un solo attimo a guardare quello spiraglio di luce che si intravede alla fine del cammino, se iniziassimo ad apprezzare le piccole cose e a far caso ai momenti che ci hanno reso felici, che ci hanno rubato un sorriso, tutto cambierebbe in base alla nuova prospettiva.
Tutto cambia in base alla prospettiva.

Un altro anno

Ogni anno di questo periodo faccio due conti. Faccio due conti sull’età, sugli anni che inesorabilmente aumentano sulla tabella cronologica del pianeta terra e sulla quella anagrafica.

Contando i miei anni mi rendo conto che sono molti meno quelli che mi mancano da vivere di quelli già vissuti. Presa questa coscienza, inevitabilmente sorgono riflessioni sul domani prossimo.

Scremare, scremare, scremare il superfluo, gli orpelli, l’insignificante.

Ormai non ho tempo per sopportare persone assurde che nonostante la loro età anagrafica, non sono cresciute. Ormai non ho tempo per trattare con la mediocrità. Non tollero i manipolatori e gli opportunisti. Mi danno fastidio gli invidiosi, gli screditori e quelli che si appropriano dei risultati altrui.

Voglio vivere accanto a della gente umana, molto umana. Che sappia sorridere dei propri errori. Che non si gonfi di vittorie. Che non si consideri eletta, prima ancora di esserlo. Che non sfugga alle proprie responsabilità. Che difenda la dignità umana e che desideri soltanto essere dalla parte della verità e l’onestà.

L’essenziale è ciò che fa sì che la vita valga la pena di essere vissuta. Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle persone… Gente alla quale i duri colpi della vita, hanno insegnato a crescere con sottili tocchi nell’anima.

Il mio obiettivo è arrivare alla fine soddisfatto e in pace con i miei cari e con la mia coscienza.

Buon Anno!

E’ consuetudine in questo periodo dell’anno, stilare una lista di buoni propositi.
Anche se l’esperienza insegna che a volte i buoni propositi diventano delusioni, non bisogna per questo demordere e perdere la speranza.
Ben vengano quindi i nuovi propositi purché non rimangono tali.
Non credo che le cose vadano come devono andare. Opporre resistenza a quello che riteniamo sbagliato e favorire quello a cui crediamo, è la cosa giusta da fare.
Impariamo a comprendere ciò che ha senso mantenere nella vita e ciò che invece bisogna avere il coraggio di lasciar andare.
Provarci davvero, che solo l’intenzione chissà perché, non basta.
Vi auguro di trovare il coraggio di guardare sempre avanti, lasciando dietro ciò che evidentemente non aveva valore.

Vi mando il mio più sincero Auguro di “Buon Anno” a tutti voi passanti di questo blog.

Quest’anno

A una certa età, si crede di aver imparato abbastanza dalla vita. Si crede che le esperienze vissute siano state più che sufficienti da aver formato una barriera protettiva contro gli imprevisti. Non è così.
Quando succedono eventi che non conoscevi, sei costretto ad affrontare le nuove realtà. Devi imparare a fronteggiare i nuovi avvenimenti. Se poi, le avversità riguardano la salute, concepire nuove condizioni è ancora più impegnativo.
Quest’anno ho imparato che non bisogna mai arrendersi, che bisogna continuare a correre, bisogna essere straordinari, coraggiosi, sognatori.
Quest’anno ho capito di essere più forte di quanto pensassi, perché ho continuato… Ho continuato a fare errori, ad avere speranza, a piangere, a sorridere, ad arrabbiarmi e a gioire.
Quest’anno sta per finire, un altro anno pieno di insegnamenti.
Si perché: “non si finisce mai d’imparare”.

Ciao duemilaventidue e… grazie!

Desiderio

Uscire dalle abitudini della quotidianità che la vita, a volte crea, è un’impresa difficile. Col passare del tempo nascono tanti piccoli fili sottili e resistenti come ragnatele che, a loro volta, creano un’impalcatura, uno scheletro, dal quale è difficile uscire. Ogni giorno, si sente quasi il dovere e l’obbligo di comportarsi al medesimo modo, seguendo il medesimo percorso e adottando le medesime azioni. Forse si chiama “aspettativa”, questa architettura fatta di gesti, questa abitudine fatta di comportamenti uguali. E nasce quasi spontaneo il tangibile desiderio di uscire da questo binario, il voler trovare quel qualcosa che dia una sterzata alla quotidianità ormai stantia. E il desiderio si sa, è illuminazione.

Sedici ottobre

Tre mesi fa accennavo in questo post, della situazione che si era venuta a creare dopo un esame fatto quasi per caso. Non avevo infatti nessun sintomo e solo per precauzione o meglio per prevenzione ho voluto fare un elettrocardiogramma, era il sette di luglio.

Stavo non bene ma benissimo, facevo un’attività fisica che mi piaceva tantissimo; il Fitwalking, ero felice anche in previsione delle prossime vacanze montane che avrebbero preso inizio quindici giorni dopo.

Il medico esamista mi invita a fare una ecocardio in quanto sembra dal referto ci sia il cuore un po’ “ingrossato” ma non mi da premura, con calma. Conoscendo i tempi biblici per gli appuntamenti medici decido di telefonare subito convinto che ci sarebbero voluti mesi. Vengo informato della possibilità dell’ecocardiogramma per l’undici luglio, quattro giorni dopo, impensabile!

L’esito dell’eco non è confortante e il medico esamista lo è ancor di meno, paragonando numericamente il suo grado di empatia da uno a dieci il suo è zero. Ma vabbè, dicono sia bravo e questo lo salva. Ci sono seri problemi mi informa, e se fossi in lei mi dice, non aspetterei tanto per esami più approfonditi.
Mi crolla il mondo addosso.

Mancavano una decina di giorni alle tanto attese vacanze e questa sentenza medica non ha certo favorito il mio umore ma tant’è la salute è al primo posto ed è la cosa più importante.

Nonostante il periodo estivo feriale, in previsione di ulteriori esami e nelle condizioni psicologiche non serene, decido di disdire la prenotazione montana e per la prima volta in 43 anni rinuncio alle vacanze.

Il quattro agosto mi sottopongo all’esame di TAC il quale conferma gli stessi dati della eco e quindi: alcune placche coronariche e una dilatazione aortica borderline, per fortuna però la valvola è tricuspide e questo migliora la situazione.

Il medico con il quale sono in contatto mi rasserena informandomi che anche le coronarie sembrano meno pericolose di quanto ha sentenziato la ecocardio, ma mi invita allo stesso tempo di fare una coronarografia in modo da mettere completamente in luce la situazione reale del mio cuore.

La coronarografia infatti è l’esame (invasivo) più completo e veritiero, che con certezza, a differenza degli esami precedentemente eseguiti, dice tutto sulla situazione cardiaca.

I tempi per questo esame, visto anche il periodo agostano, si aggirano a non meno di un mese, un mese e mezzo. Avrei potuto quindi approfittare per un breve periodo di vacanza ma, e per l’umore e per gli sforzi, a tal proposito già dall’undici luglio avevo smesso con il Fitwalking proprio evitare problemi, decido di trascorrere il periodo estivo a casa, rinunciando a malincuore alla montagna.

Ma non è stata un’estate cittadina da dimenticare anzi, è trascorsa bene senza particolari slanci diversivi ma con profonda serenità e consapevolezza. Ho confidenziato con la mia città, passeggiando con il mio cane Forte e mia moglie, in parchi e boschi presenti in grande quantità nell’area in cui vivo.

Il cinque ottobre vengo ricoverato per la coronarografia e il sei mi fanno l’esame. Già durante l’esame vengo informato che le placche non hanno lesionato le coronarie e sono in posizioni non pericolose, ed è quindi da escludere interventi di “pulizia” e riparazione. Il referto confermerà quanto detto e non bastasse, decreta che la dilatazione aortica è inferiore di ben quattro millimetri a quanto stabilito dalla eco e dalla TAC, mettendomi in condizioni se non normali sicuramente non borderline.

E’ stato un giorno felice il sei ottobre, da scrivere sul calendario ed è per questo che lo scrivo qui sul blog. Ma non ci si rende subito conto, si ha bisogno di metabolizzare per diventare veramente consapevoli.

Questo periodo è stato importante per questi motivi e a distanza di dieci giorni, ancora una volta, mi rendo conto di quanto importante sia la salute. E’ vero, è la solita banalità ma è la banalità più importante che esista.

In città

Dopo più di quarant’anni, quella appena passata è stata la prima estate trascorsa in città. Non per scelta ma per causa di forza maggiore. Per questo motivo ho avuto modo di girare ed esplorare angoli nascosti, poco conosciuti al passaggio urbano, non che ce ne fossero poi tanti, ma qualcosina si.

Un territorio lo si può esplorare in vari modi. Ho voluto per la prima volta “viverlo” come mai prima. Concentrandomi bene, assaporando gli odori, osservando le pietre, arricchendolo di piccoli dettagli che lo rendono unico. Si perché ogni città è unica, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Ho attraversato vie, strade e piazze, cercando di sprofondare nei pensieri più profondi della mente, respirando piano e a passo lento. Lentissimo anzi, come se avessi un grosso masso ai piedi. Una marcia lenta per non consumare energia utile all’osservazione.

La valenza di un territorio varia in base alla stagione, alla temperatura e all’ora del giorno in cui ci si trova ad annusare la vita. Aggiungendo persino, in base allo stato d’animo con cui, si è disposti ad accoglierlo. Va da se che questi elementi non hanno certo favorito queste passeggiate urbane.

Nonostante tutto, questo luogo che credevo di avere in mano da molto tempo è riuscito a regalarmi nuovi visi, nuove panchine, nuove attività, nuovi profumi. Il valore aggiunto dato da queste nuove conoscenze, da queste nuove emozioni, è stato di gran lunga superiore.

Mezz’ora

A volte la vita ci riserva sorprese che neanche minimamente si immagina.

Nel giro di mezz’ora, quello che stavi vivendo, la vita quotidiana con le sue abitudini, i suoi gesti e le sue passioni, cambiano improvvisamente i loro decorso. Arriva una mazzata che cambia il futuro che fino mezz’ora prima sembrava inconfutabile. Un futuro pensato e pianificato con entusiasmo su cose che ti piacciono particolarmente, su cui miravi le energie, per la gioia della mente e del corpo.

In mezz’ora passi dal mondo di *Umanità, al mondo di **Inferno.

Quello che avevi programmato: le vacanze estive, le nuotate al mare e le salite in montagna, gli allenamenti fit con gli amici e con la natura, il taglio della siepe e tutto quello che la quotidianità ti riserva, che ti piace e che soprattutto desideri fare, volano via. Alt, stop!

Il motore umano ti informa (ma non ti avvisa) che ha bisogno di manutenzione e che devi metterti “calmo”, che non devi superare certi limiti, insomma che devi stare tranquillo, usare la marcia lenta, senza accelerare, senza pressare.

Solo dopo qualche giorno da quella fatidica mezz’ora, razionalmente realizzi che sei stato fortunato, si perché quel motore non avvisandoti di aver bisogno di cura, potrebbe ingrippare e molte volte senza possibilità di risoluzione.

E’ la fortuna l’unico senso che puoi dare quando ti arriva una botta improvvisa, quella che ti fa vedere il bicchiere mezzo pieno, quella che ti da la forza e la speranza.

Da oggi, la quotidianità, la vita, prenderà una piega diversa. Bisognerà reinventarsi con cose nuove, situazioni e frequentazioni diverse. E per quelle conosciute che rimarranno ancora attive, usare la marcia lenta.

*Mondo di Umanità (definita anche Tranquillità). È una condizione vitale, che può scivolare con facilità nei mondi più bassi. In genere in questo stato ci comportiamo in modo umano, rimaniamo estremamente vulnerabili alle forti influenze esterne

**Mondo di Inferno. È la condizione di sofferenza (a volte disperazione) in cui abbiamo la percezione di non essere liberi di agire; è caratterizzata dall’impulso di distruggere noi stessi e tutto ciò che ci circonda.

Educazione

Qualche mese fa mi hanno colpito le parole di Antonio Albanese:

“Mi preoccupano l’egoismo e la stupidità, l’individualismo menefreghista. Si sta perdendo il rispetto, la gentilezza, il valore dei rapporti veri. Parlo delle piccole cose. Un esaurimento nervoso non arriva per una notizia, ma da una somma.
Se butti un mozzicone per terra o nel posto sbagliato, stai facendo un danno non solo agli altri, all’ambiente, ma anche a te stesso. La città è anche tua.
Bisogna ripartire dai fondamentali. Pratico e ho insegnato ai miei figli gentilezza, garbo, rispetto. Serve più serenità, saper individuare a chi credere per non farsi travolgere dalla centrifuga: fermarsi, capire cosa ci è finito dentro.
Bisogna ascoltarsi, sentirsi di più.”

C’è poco da aggiungere a questo pensiero.

Vivo quotidianamente questa problematica incivile e incolpare solo i giovani sarebbe riduttivo. Che siano i maggiori responsabili è vero. La poca maturità non da diritto al menefreghismo e allora? Educazione. Si, sempre questa piccola grande parolina: “Educazione”.
L’educazione è fondamentale nell’età della crescita, nei passaggi cruciali della vita, quando si inizia a guardare il mondo fuori con i propri occhi, non quelli della famiglia.
Educazione però è una parola che, nel nostro paese ha più il sapore di normativa, regole, giudizio, “qualcosa cui obbedire”, qualcosa da dover diventare.
E questo è un grosso ostacolo.

Blog & Bloggers

Premessa

Molti sono i ricordi e molti sono stati i bei momenti ma per fortuna non mi creano tristezze o rimpianti.
Credo nella legge di “causa/effetto” e quindi mi sento e sono responsabile di questo presente perché io stesso in parte l’ho creato.

Il web

Abito il web fin dalla sua nascita ma ho aperto il mio primo blog, inteso come “diario personale”, nel 2006. Prima li frequentavo soltanto.

La piattaforma Splinder, nata nel 2001, è stata una delle prime che ho seguito e, aggiungo, senza paura di smentita anche quella più vera. Più vera perché su Splinder si condividevano quasi esclusivamente i pensieri personali, una comunità fatta da individui che amavano esprimersi scrivendo di se stessi e di quello che gli accadeva attorno. Un vero e proprio diario personale digitale condiviso.

Sul web però tutto corre veloce e se non c’è riscontro in termini numerici e di conseguenza monetari si è destinati a scomparire, questo succede anche con le aziende nella vita reale.

La nascita delle due piattaforme Blogger (poi Blogspot) e WordPress, nella seconda metà degli anni duemila, misero in crisi Splinder, dettando la sua definitiva chiusura dieci anni dopo, nel 2011.

Blogspot

Per facilità d’uso scelsi la piattaforma di Google, era più immediata, semplice e, a quanto si diceva, meno snob di WordPress. Aleggiava il pensiero che sulla seconda ci fossero solo scrittori affermati e gente preparata nello scrivere, in blogspot invece, c’erano persone più comuni, semplici, senza smanie letterarie.

Ammetto che dopo pochi mesi che avevo aperto il blog, instaurai dei bellissimi rapporti con questa comunità. Ogni qualvolta qualcuno della cerchia pubblicava un post, veniva commentato da tutti gli altri, instaurando così una confidenza che, se pur virtuale, era sincera.

Questa confidenza amichevole virtuale proprio perché sincera, un po’ alla volta si tramutò anche in reale, ed è questo il ricordo più bello di quei tempi. Si fece in modo di incontrarsi “dal vivo” e fu emozionante, anche una volta a cena a casa mia fu molto divertente.

Grazie ai blog quindi, alcune amicizie virtuali diventarono reali, cosa pretendere di più?

I Social

Sempre nella seconda metà degli anni duemila nacquero però anche i social network, Twitter e Facebook in primis ma non solo, Meemi il social italiano fece la sua comparsa.

(Su quest’ultimo farò un post a parte, visto che è stato molto importante nella mia vita “social”)

L’evento dei social misero in crisi i neonati blog o almeno una grossa fetta di loro.

Nei social, molto più effimeri e semplici da usare anche per gli “analfabeti digitali”, si potevano condividere anche le “cazzate” mentre un blog richiede comunque un impegno più profondo, nella cura, nell’esprimersi e nella condivisione.

Nelle seconda metà degli anni duemiladieci lentamente e inesorabilmente, molti blog chiusero le pubblicazioni e portò gli stessi amministratori per la maggior parte nei social.

Va sottolineato, sia chiaro, che la crisi del blog in favore del social non è stato totale, molti controcorrente, per libera e fondata scelta, hanno continuato la pubblicazione nel blog, alcuni condividendoli nei social e altri ignorandoli proprio.

Vent’anni dopo

Dopo un ventennio dalla nascita dei blog, la sua crisi in favore dei social, aleggia nell’aria una sofferenza in quest’ultimi.

Le fake news, l’arroganza, la mancanza di sincera condivisione e soprattutto l’intimità assente nel social, sta dando forza al blog. Un ritorno ad una condivisione più umana, confidenziale, meno appariscente, lontana dai riflettori, alimenta questo desiderio di ritorno.

Parallelo

Il parallelo con il “Vinile/CD” mi viene spontaneo.

Quando nacquero i CD negli anni ottanta, misero in seria crisi i vinili, fino alla scelta di non produrli da parte delle case discografiche e diventando quasi esclusivamente supporti per soli collezionisti.

Uno zoccolo duro di appassionati, come per il blog, rimase vivo, finché un ventennio dopo lentamente le case ripresero la loro pubblicazione, riprese la produzione dei supporti fonografici e pian piano il vinile si ritaglio la fetta di mercato sempre più grande arrivando negli anni duemila a superare (in america) quella del CD.

E chi l’avrebbe mai detto?

Futuro

Non sono un grande esperto e nemmeno un indovino ma da frequentatore dell’universo web qualche presentimento ce l’ho. Probabilmente questa mia sensazione è più che altro un augurio, è frutto di un reale desiderio di ritorno a una dimensione più umana, fatta di strette di mano, pacche sulla spalla, suggerimenti fraterni e condivisioni delle nostre passioni.

Vi pare poco?

Non scommetto sul futuro, a onor del vero, mi interessa anche poco. Per quanto mi riguarda sono tornato qui su WordPress in maniera assidua e continua per i motivi sopra descritti, da due anni, e come me altri, alcuni anche blogger storici.

Se questa mia sensazione avrà riscontro ne sarò MOLTO felice, se non l’avrà sarò felice lo stesso.

Ad Maiora

Io e la musica

I primi anni

La mia passione per la musica inizia verso i sette, otto anni.
I miei coetanei stavano fuori in strada a giocare e io in casa vicino alla radio ad ascoltare “Un disco per l’estate“. Mi piacevano le canzonette e avevo facilità nell’impararle a memoria.
Siamo nella seconda metà degli anni sessanta, i Beatles imperversano e la musica rock dopo la sua nascita negli anni cinquanta mette definitivamente le sue radici sfornando una serie di capolavori che rimarranno per sempre nella storia musicale mondiale.

Il boom economico a cavallo degli anni sessanta mise, tra l’altro, in cantiere, una miriade di nuove nascite che riempirono tutte le ‘classi scolastiche’ già dal 1970. I doppi turni furono all’ordine del giorno ed io, ne fui partecipe fin dalla prima media con il turno pomeridiano. Non era positivo andare a scuola alle 13:30, limitava notevolmente la crescita ludica e amichevole visto che la mattina non era particolarmente indicata alla socializzazione. Nel mio caso però, amante della musica, un lato positivo ce l’aveva: la radio, rai tre e non solo.

La giornata iniziava alle nove, orario di alzata dal letto, alle 9:30 musica leggera con Luciano Minghetti su radio Capodistria e alle 10 musica classica su radio rai tre.
La musica classica ebbe una enorme importanza nella mia formazione o meglio esperienza di ascolto sonoro. Mentre facevo i compiti era un’ottima compagnia, non invadeva i pensieri e allo stesso tempo suggestionava la mente.
Se pochi anni prima avevo una grande facilità ad imparare i testi delle canzonette leggere, con la musica classica la facilità era memorizzare la vita dei compositori. Leggevo la vita e le opere dei grandi musicisti nell’enciclopedia “Capire“. Ero affascinato dalla loro vita, tanto da incamerare nella mia memoria tutte le date, le opere e le vicissitudini dei vari Mozart, Bach, Beethoven ecc. ecc. Va da se che i due professori di musica che si sono avvicendati alle medie, mi portarono in palmo di mano. Era strano per loro, avere uno scolaro che amasse così tanto la musica classica da conoscere molto bene: vita, morte e miracoli dei più grandi musicisti classici di tutti i tempi.

Imagine

Ricordo come fosse ora, la prima volta che fu trasmessa a radio Capodistria da Minghetti “Imagine” di John Lennon. Fu un fulmine a ciel sereno, un avvenimento che stravolse il mio ‘ascolto’ e probabilmente quello di molti altri nel mondo.
Le mie orecchie, nonostante l’età, non erano certo inesperte all’ascolto di canzoni e musica ma quel brano fu ‘rivoluzionario’, era perfetto: voce, pianoforte, melodia, il tutto talmente bene assemblato da rendere quella canzone un gioiello unico e raro nel panorama musicale universale.

Se dalle canzonette leggere italiane passai alla musica classica certamente non leggera, con “Imagine” di Lennon, il mio interesse al suono cambiò ancora o meglio, si affiancò alla classica in un parallelo asincrono anche se non del tutto anormale.

Finirono le scuole medie, i doppi turni e con essi anche l’ascolto della musica classica. Siamo a metà anni settanta, tra i più intensi e profondi periodi della produzione musicale mondiale. Il panorama che mi veniva offerto era talmente interessante e soprattutto attuale che la “classica” mi era diventata stretta e anacronistica. Era più importante vivere il mio tempo, vivere il suono dell’epoca che stavo vivendo. Sicuramente era più costruttivo di qualsiasi altra cosa, vista la mia età. Non bastasse, nascevano programmi come ‘Per voi giovani‘, ‘Supersonic‘ e pochi altri che iniettavano nella nostra quotidianità e senza saperlo nella nostra vita, dosi sonore particolarmente interessanti da formare basi musicali fondamentali.

Sempre radio e non solo

La radio è sempre stata e in parte lo è ancora, l’elemento unico ed essenziale della mia formazione e passione musicale. Compagna fedele fin dalla tenera età, anche nella seconda metà degli anni settanta ha un ruolo fondamentale e determinante nella mia formazione. Programmi come ‘Popoff‘ e ‘Stereonotte‘ tra gli altri, mi fecero conoscere musicisti internazionali, soprattutto americani, di grande valore.
La radio quindi, è sempre stata la struttura che ha accompagnato la mia esistenza.
Oltre alla radio però, i primi anni settanta vedono la luce i primi giradischi stereo alla portata di tutti.

Non restavo più nella pelle nell’attesa del primo acquisto veramente importante della mia vita: lo stereo del Reader’s Digest, pagato a rate non so per quanti anni. Sono in prima superiore, nel gennaio 1974 e ho da pochi giorni compiuto quindici anni. Questo giradischi mi accompagnerà per i cinque anni delle superiori. I soldi per comprare i dischi non ne avevo molti ma grazie ad una occupazione lavorativa pomeridiana, riuscivo a permettermi diversi acquisti, alcuni fatti anche i negozi non proprio vicini come il Nannucci di Bologna, dove si potevano trovare dischi di importazione, difficili da trovare.

Le riviste

Se la radio ebbe un’importanza magistrale, notevole valore lo ebbero anche le riviste. La prima in assoluto fu Ciao 2001, che comprai per diversi anni, un settimanale informativo di musica rock che strizzava l’occhio ai personaggi più in voga del momento. Fu comunque molto importante perché diede visibilità anche a musicisti italiani che altrimenti sarebbero rimasti nell’ombra. La prima rivista veramente importante per la mia formazione fu il mensile Muzak. Il primo numero uscì nell’ottobre del 1973 e fu per me una vera rivelazione. Su Muzak cominciai a scoprire (anche) il Jazz, genere musicale che come la Classica non apparteneva propriamente al presente ma aveva un valore sociale e politico assai più importante. Fu grazie a Muzak che cominciai ad ascoltare Coltrane, Davis e tanti altri “mostri” che fecero la storia della musica Jazz. Muzak dopo pochi anni chiuse per riaprire poco dopo con lo stesso nome ma con uno sguardo più rivolto al sociale che alla musica. Anche questa sua seconda rinascita fu molto importante per la mia formazione ‘sociale-politica’ ma la musica fu messa in secondo piano. Probabilmente anche per questo nacque Gong, un altro interessante mensile diretto da quel genio di Riccardo Bertoncelli. Anche questa rivista però non ebbe vita facile e dopo pochi numeri chiuse i battenti definitivamente.
Sempre in questi anni vengono alla luce altre nuove riviste, un rifluire quasi inaspettato di mensili musicali: Il Mucchio Selvaggio nel ’77, Rocherilla nel ’78, L’Ultimo Buscadero nel ’81 e successivamente Velvet nel ’88, tra quelli che ricordo, entrarono nelle case di tutti gli appassionati di musica.

Pausa

Riepilogando. Dopo le canzonette leggere da hit parade, disco per l’estate ed esperienze simili, avute tra gli otto e i dodici anni, dopo la prima adolescenza con la musica “Classica” e un primo approccio al “Rock” avvenuto tra gli undici e i quattordici anni, dopo un’intensa vita sonora con radio, riviste, dischi e cassette, con rock e jazz che mi hanno accompagnato tra i quattordici e i diciannove anni, entrai in una pausa molto pesante.
Dopo la maturità ho cominciato subito a lavorare in una cooperativa con turni e orari fuori dalla norma, che non lasciarono spazio a nessuna passione e quindi anche alla musica. Siamo nel ’78 il Punk era appena nato e cominciava ad espandersi a macchia d’olio.
Non vissi quel momento, che nella storia della musica ebbe un effetto rivoluzionario e per certi aspetti devastante. Fino al 1981, quando cambiai lavoro, fui allo scuro delle novità musicali. Una pausa involontaria, dovuta a causa di forza maggiore.
Un po’ alla volta dal 1982, ripresi in mano la situazione cercando di recuperare il tempo e la musica perduta. Non mi fu difficile, tutto il materiale era recuperabile, le riviste e la radio, ancora una volta, furono indispensabili.

Ripresa

Due elementi sono stati davvero importanti per la mia ripresa sonora: il mensile “Ultimo Buscadero” e la trasmissione radiofonica della rai “Stereonotte“.
Se l’informazione musicale cartacea abbondava non lo era quella via etere. Stereonotte infatti era l’unico, almeno a livello nazionale, programma cult radiofonico. Iniziava dopo mezzanotte per proseguire fino alle sei di mattina. Visto l’orario, la trasmissione aveva uno zoccolo duro di ascoltatori, certamente attenti a appassionati musicali.
Siamo nel 1982, il punk nato pochi anni prima in Inghilterra e soprattutto il post-punk si stava affermando anche qui in Italia e Stereonotte quindi, aveva molto materiale da mettere al fuoco. Certo l’orario infausto soprattutto per chi lavorava di giorno, non permetteva un completo ascolto, ma parziale, almeno nelle prime ore della notte.
Passano gli anni, passano gli anni ottanta, per tanti bistrattati e per molti, come il sottoscritto, molto importanti. La seconda metà infatti, sforna una serie di dischi che rimarranno impressi, importanti e profondi nella mia memoria. Morrison, Hiatt, Smiths, Chapman, Talking Heads, Waits, Cave, Gabriel, REM, e tanti altri, incidono dischi che rimarranno immortali.

I novanta

Questa decade, raggiunti i trent’anni, con un nuovo lavoro e una famiglia da poco creata, non attenua la mia passione musicale anzi la rafforza. Dopo oltre trent’anni di ascolto attento, la maturità e l’esperienza sonora, affina ancora di più il mio “orecchio” critico. Ascolto molti dischi, moltissimi, e questo mi aiuta a discernere. Certo non ci sono particolari innovazioni, il più è già stato fatto e dopo la tabula rasa della rivoluzione punk, non c’è molto altro da dire. Questa è l’opinione pubblica e in parte mi trova d’accordo.

Musica e internet

Gli anni duemila portano la rivoluzione internet e con essa anche l’ascolto musicale cambia. La fruizione sonora dopo gli anni novanta che ha visto il decadimento degli LP in favore dei CD, muove i primi passi con lo streaming. Tra i primi servizi c’è Last.fm, fondato nel 2002, a cui seguiranno moltissimi altri. Il CD vende ancora, il supporto fisico mantiene ancora il suo fascino ma un po’ alla volta negli anni a venire perderà la supremazia.
Gli anni duemila vedono la nascita anche dei blog, spazi personali di condivisione. Ed è un bellissimo periodo. La possibilità di scambiarsi idee, opinioni in ogni campo compresa la musica, ha del rivoluzionario come mai prima. Anche i non addetti ai lavori, hanno la possibilità di esprimere il proprio pensiero su un dato argomento e in questo caso, personalmente, su i dischi in ascolto.
Dal 2006 comincio a scrivere le mie impressioni su dischi vecchi e nuovi. Recensire è un termine serio che non mi sento di appropriarmi, lo lascio volentieri a giornalisti-critici delle testate nazionali.
“Attento ascoltatore ai suoni del mondo” è il termine che più mi si addice.

Ora

Gli anni duemiladieci sono proseguiti sulla scia della decade precedente, molte uscite, poche vere innovazioni. Dopo settant’anni di nuova musica dove per “nuova” intendo il rock nato nei primi anni ’50, è assai difficile creare qualcosa di nuovo… ma non è un problema!
Il bello della musica, dei dischi, delle canzoni è che non hanno tempo. Ascoltare un brano degli anni sessanta o duemilaventi, da’ sempre un’emozione. Molto probabilmente nel primo caso sarà legato anche un ricordo e questo rafforza l’ascolto, mentre nel secondo si cercherà la vibrazione che stimola l’apparato uditivo e di conseguenza la mente, in ogni caso, la musica è vibrazione ed emozione, e poco conta se recente o degli anni passati.
Non mi prolungo in teorie o sequele musicali, questa in sintesi è stata e continua ad essere la mia storia legata alla passione per la musica, iniziata con la fanciullezza e proseguita per ogni fase della vita. Ogni periodo è legato a ricordi sulla famiglia, sul lavoro, sugli amici, sulla scuola, e ogni periodo è legato a un qualcosa di musicale, che sia un disco o un brano, la mia vita è collegata a doppio filo con del suono, dei testi, delle canzoni.

Arte

L’arte è il significato e la creazione, nascoste dietro una bellezza e comprende ogni attività umana portata a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Pertanto l’arte è un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione.Nel suo significato più sublime l’arte è l’espressione estetica dell’interiorità e dell’animo umano. Rispecchia le opinioni, i sentimenti e i pensieri dell’artista nell’ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso del suo periodo storico. (Wikipedia)

Si può amare ogni forma di arte: Pittura, Scultura, Architettura, Letteratura, Danza, Teatro, Cinema ecc. ecc. io ho sempre amato e continuo ad amare la Musica, colonna portante del mio esistere.

Guerre, sfollati e il sasso nell’acqua

Per scelta in questo spazio condivido le mie passioni: la musica, le foto e qualche scritto qua e là. Non per questo esulo dai fatti del mondo anzi, a onor del vero sono sempre presente su quello che mi succede attorno e molte volte mi trovo incredulo, impotente e… disarmato.
Non saranno certo le canzoni che ascolto e le fotografie che faccio a farmi sentire meglio ma in parte mi concedono qualche spiraglio di benessere.

Un benessere circoscritto, fatto di momenti, di ore, perché poi, la realtà dei fatti che succedono, sia essi personali o mai come adesso “sociali”, riportano i nostri pensieri nell’angolo buio della nostra mente.

Nel mondo, solo tra quelle più grosse, si parla di almeno venti guerre attive, ma quello che sta accadendo alle porte d’Europa attira tutte le attenzioni, forse perché le potenze in scena sono quelle che potrebbero davvero scatenare l’armageddon atomico: solo questo dovrebbe far gridare alla pace.

Se tutti gli sfollati costituissero uno stato, questo sarebbe per numero di popolazione il ventesimo al mondo, con circa lo stesso numero di abitanti dell’Italia e la Romania messi insieme.
Nel mondo sono oltre 82 milioni le persone in fuga da guerre devastanti guerre dimenticate, catastrofi climatiche, discriminazioni.

Ogni paese, ogni persona, ha la sua idea di risoluzione per arrivare alla pace ma finché questa idea non sarà comune, i tempi e i modi accontenteranno e allo stesso tempo scontenteranno una parte di essi.

Rimango sempre dell’idea che, l’aforisma del sasso nell’acqua rimanga la soluzione migliore, la più profonda, la più utile e vera.

“Un sasso gettato nell’acqua genera una serie di cerchi, sempre più grandi. Occorre lanciare il sasso perché le cose accadano, fai qualcosa”.

La motivazione porta all’azione, spinge al fare: se non si getta un sasso nello stagno, l’acqua non fa i cerchi. Stare fermi ed attendere il movimento dell’acqua, significa perdere le opportunità che la vita ogni giorno ci prospetta. Innanzi ad uno specchio di acqua immobile, lanciamo un sasso, anche più di uno, fino a quando il moto dell’acqua non riflette la sagoma dei nostri sogni. Occorre lanciare il sasso perché le cose accadano.

Maggiore è il desiderio di raggiungere lo scopo più forte sarà l’energia impressa nel gesto e il numero di cerchi che si verranno a formare fino a quando non toccheranno la riva più lontana.

Ogni persona, dal suo osservatorio privilegiato, lancerà il sasso in ragione del peso che è in grado di sopportare e della forza che è in grado di imprimere nel lancio in quel preciso istante del tempo.

Per lanciare un sasso serve la motivazione, avere analizzato il contesto e avere chiaro l’obiettivo. Il successo transita da lì. La motivazione deriva dal latino movere, che significa spinta all’azione. Se le persone rimangono sedute e non decidono di alzarsi dopo aver terminato il pranzo, non spingono se stesse verso il cambiamento, togliendo l’opportunità al cameriere di bandire la tavola per il convivio successivo.

La pace inizia prima di tutto nella nostra famiglia e poi via via nel nostro condominio, nella nostra via, nel nostro paese, fino ad arrivare alle altre nazioni. Solo così avremmo delle fondamenta solide, solo così si arriverà ad una vera pace, altrimenti il processo per la pace sarà sempre fragile.

Se dopo due guerre mondiali e innumerevoli conflitti che attanagliano l’umanità da secoli, nel duemilaventidue esistono ancora delle guerre vuol dire che l’uomo continua a sbagliare. Basta leggere la storia per capire, per ricordarci che non abbiamo ancora capito nulla.

Quotidianità

Inizio la giornata mettendo il caffè sul fuoco e mentre aspetto che dal beccuccio esca quel concentrato dal colore nero, pianifico delle cose da fare. Nulla di particolarmente importante; portare fuori il cane, fare due spese e mettere un po’ di ordine nello studio. Mentre sorseggio il caffè, rigorosamente molto caldo, sorrido sulle battute di Dose e Presta e penso che anche nella quotidianità delle cose, dove l’abitudine è sicurezza e serenità, c’è del bello, una piacevole conquista. A pochi mesi dalla fine della fase lavorativa, comincio ad assaporare uno dei lati apprezzabili della pensione: la mente sgombra da incombenze. Non ci si abitua subito a questa soave realtà, ma credetemi, se la si sa gestire con sobrietà e una bellissima esperienza.

Marzo 2022

Le parole si trovano a fatica in quest’ora del mondo così oscura.
Tuttavia, mentre follia e insipienza governano l’umanità, il regno naturale cammina piano, ma inesorabile, verso il risveglio.
Qui, in questo angolino di mondo, le gemme si ingrossano e il ciliegio partorisce i primi fiori divini.
C’è molta sete, sete di pioggia, sete di uomini e donne diversi. C’è fame di vita, di vita rinnovata, semplice, vera e libera. C’è tanto bisogno di coscienza, di etica e di serenità.