Compagna di viaggio

Il tempo è la tela di cui si fa la vita” diceva B. Franklin. La vita di noi tutti ha varie tappe, vari scalini, vari ostacoli da superare. Tuttavia la musica ci accompagna sin dall’inizio in questo vorticoso viaggio, infatti, appena nati già siamo coccolati dalla melodia della ninna nanna (cantata più o meno bene). Insomma siamo circondati dalla musica e questo ci aiuta anche ad associare un ricordo o una persona ad una canzone particolare. Anche andando al cinema mentre si è assorti nella visione del film, parte come sottofondo una canzone che ci catapulta inaspettatamente a quel giorno, a quell’emozione provata, a quel ricordo bello o brutto che sia. La musica è un filo diretto alla nostra anima, ai nostri sogni. Non è detto, infatti, che una canzone deve per forza ricordarci qualcosa del nostro passato, anzi a volte una canzone ci fa sognare, ci fa volare con la fantasia laddove la quotidianità non ci permette di andare. Ognuno ha una sua canzone preferita che cambia a periodi, oltre a quelle che consideriamo le più belle da sempre. Questo è più che normale, perché ogni canzone scelta rispecchia in un certo modo ciò che proviamo in quel periodo. Abbiamo le canzoni dell’infanzia (soprattutto le sigle dei cartoni animati), poi ci sono quelle dell’adolescenza, quelle della giovinezza e così via. Ogni tappa ha una o più canzoni differenti, perché la musica è anche questo: incontro di gusti e suoni diversi. La cosa importante è che la musica continui a scandire sempre il tempo della nostra vita, perché spesso è la miglior compagna di viaggio che possiamo avere.

Libertà positiva

Il filosofo Isaiah Berlin nel suo “Due concetti di libertà” scrive della libertà negativa a positiva. Concetto non propriamente facile per noi comuni mortali o cittadini, per darsi un tono 😀.
Comunque in soldoni, descrive “la libertà negativa” come la libertà dagli ostacoli o dalle costrizioni esterne. In questo senso, una persona è libera se non è fisicamente impedita ad agire e “la libertà positiva” come la libertà dalle costrizioni interne. È autocontrollo, la padronanza di sé. Essere positivamente liberi significa avere il controllo della propria mente, liberarsi da paure e credenze irrazionali, da dipendenze, superstizioni e ogni altra forma di autocostrizione. In una frase “essere padrone del proprio destino“.

Questo pensiero non poteva non portarmi alla filosofia buddista, in quanto il “destino” o “karma” è la colonna portante di questa filosofia.
In breve, anzi in brevissimo, per chi non ne fosse a conoscenza, destino e karma hanno lo stesso significato ma sono tra loro contrapposti. Il destino (occidentale) equivale a fatalità, l’uomo è impotente e nulla può fare per cambiarlo, in pratica ha un ruolo passivo. Il karma (orientale) equivale a: causa/effetto, l’uomo può cambiarlo, dipende dalle cause poste, positive o negative e avranno gli stessi effetti, in pratica ha un ruolo attivo.

Questa libertà positiva di cui si è occupato Isaiah Berlin, è parallela al karma. Essere padroni del proprio destino, ultimamente paragrafata anche come resilienza, implica un percorso (anche spirituale) che insegna a non abbandonarsi alla sconfitta e all’impotenza. Imparare a vedere i momenti di crisi, di sconforto come delle vere e proprie sfide, come occasioni che ci permettono di testare la nostra resistenza.

Sapere di avere una grande risorsa interiore a cui affidarci, che si chiami: buddità o resilienza, come parte della nostra natura umana: è l’abilità di trasformare un disagio, un problema in opportunità.

Margherita

Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.
 
(Margherita Hack)

Ci sono poche persone al mondo che lasciano un segno indelebile nel campo della scienza, ma lei oltre a questo è stata grande per la sua immensa umanità.
Margherita Hack è la dimostrazione che quando l’intelligenza va di pari passo con il cuore riesce a dare solo il meglio di sé.
L’eredità ricca di saggezza che le persone di grande spessore scientifico e morale, lasciano ai posteri è di fondamentale importanza e vantaggio per un progresso universale.

Grazie grande donna!

Primo Maggio

Sul Primo Maggio sono stati scritti fiumi di parole. Riflessioni e polemiche hanno riempito e continueranno a riempire le prime pagine dei quotidiani, delle riviste cartacee e online.
Nel mio piccolo non ho niente di originale da aggiungere e non solo perché da poco ho chiuso con il lavoro ma perché ho, abbiamo, sotto gli occhi la situazione reale e ogni parola, ogni pensiero, potrebbero risultare scontati e banali.

Purtroppo, nonostante i passi avanti fatti in tanti anni, oggi il lavoro non è più un diritto e una garanzia per tutti. La crisi finanziaria, economica e sociale, iniziata una ventina di anni fa, ha escluso dal mondo del lavoro milioni di persone, in particolare tantissimi giovani, generato povertà e privato di una vita dignitosa molte famiglie. In Europa, malgrado un lievissimo miglioramento dei tassi di occupazione, sono pur sempre circa 20 milioni le persone in cerca di un lavoro.

Anche il lavoro, tuttavia, è cambiato moltissimo nel corso degli anni, a causa in particolare dei progressi tecnologici, della mondializzazione, del forte tenore di competitività economica, industriale e sociale. In questa prospettiva, si inseriscono tutte le difficoltà dei lavoratori di oggi, chiamati a difendere sempre più un lavoro precario, non adeguatamente remunerato, un lavoro spesso ostaggio di una disoccupazione competitiva.

La festa di oggi ci invita a riflettere anche su questi aspetti e sul fatto della pericolosità di un lavoro che potrebbe diventare oggetto di divisione, di competitività fra lavoratori, di “dumping” sociale, di scudo contro un’immigrazione venuta a cercare in Europa migliori condizioni di vita, di rifiuto di una solidarietà condivisa.

Buon primo maggio a tutti, nella riflessione e nella solidarietà di che un lavoro non l’ha più!

Terra arida

Non è la globalizzazione a spezzare la trama identitaria di un paese, nonostante le conseguenze che inevitabilmente essa comporta, nel bene e nel male, bensì la capacità di un popolo di adattarsi ai cambiamenti, di arricchire la propria cultura senza mai dimenticare i canti delle proprie radici. La globalizzazione è un innesto che produce buoni frutti, se ben si coltiva la terra arida della solitudine.

25 Aprile

Resistenza indica una forma di opposizione attiva alle aggressioni, proprio come quella messa in campo dai partigiani.

Nell’ultimo decennio si è assistito a un rafforzamento di formazioni politiche di estrema destra e fascistoidi. Peggio ancora, i loro obiettivi e le pratiche politiche dell’estrema destra hanno contaminato molte delle forze parlamentari e istituzionali che si definiscono antifasciste.
C’è ancora un fascismo, non necessariamente identico a quello del passato, ma c’è.

Oggi tutti i partiti di centrosinistra trovano una propria identità in opposizione all’estrema destra. Ma fanno molta più fatica a darsi un’identità in modo attivo, riconoscendosi in obiettivi comuni e in una visione di futuro, diventando infine complici degli stessi partiti fascistoidi di cui si dichiarano avversari.

È necessario ricordare quindi che l’antifascismo è una parola che indica una forma di opposizione attiva, proprio come quella dei partigiani, che si celebra il 25 aprile.

Resistenza significa sostenere e contribuire in ogni modo possibile, anche solo con parole di sostegno esplicito e pubbliche, di stare dalla parte dei deboli, di chi soffre, di chiede aiuto.

Resistenza significa scendere in piazza per ricordare i 40 mila partigiani morti combattendo armi in pugno il regime nazifascista, caduti provando a costruire per l’Italia un futuro di libertà.

Vendette

La vendetta degli umani contro la Natura, quando essa non è addomesticabile, è aberrante vergognosa ed inaccettabile. Molti umani, ormai lontani anni luce dalla sapienza contadina, ritengono che la Natura possa, anzi debba, essere piegata al proprio stile di vita innaturale.

Ormai piegati ed asserviti possiamo senza ribellarci accettare di tutto: guerra, povertà, ingiustizie, crudeltà, indifferenza…
Per interessi economici e finanziari, sono distorti e distrutti irrimediabilmente gli attuali equilibri naturali, ci vorranno chissà quanti decenni perché si ricompongano. Noi non lo vedremo. Forse i pronipoti, se ancora qualche umano resisterà a questa distruzione.

Infanzia e Vecchiaia

Marguerite Yourcenar in Archivi del Nord scrive:

«Più invecchio anch’io più mi accorgo che l’infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi in cui ci è dato vivere. In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita. […] Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito. E tutto l’intervallo sembra un vano tumulto, un’agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare»

Mi è venuto incontro questo scritto della Yourcenar e, come spesso accade, mi ha piacevolmente sorpreso.

Sorprendere è meravigliarsi, stupirsi, prendere cognizione improvvisa di un proprio atto impensato, inconsueto ed è quello che mi è successo dopo averlo letto.

L’infanzia e la vecchiaia sono i due limiti estremi della vita, se si elimina quello che sta in mezzo i due estremi si “toccano”, si parlano, si capiscono.

La curiosità dei bambini e la saggezza degli anziani; l’irrefrenabilità dei primi e la tranquillità dei secondi; la voglia di imparare e di scoprire e di provare che caratterizzano l’infanzia e la capacità di trasmettere, di guidare e di consigliare della vecchiaia.

Infanzia e Vecchiaia, quindi, collaborano per una qualità della vita che non ha tempo, che non ha età. Perché ogni momento, ogni periodo è quello giusto per essere felici e per puntare in alto o almeno verso qualcosa: le persone anziane insegnano questo ai bambini e facendolo, lo ricordano a se stesse.

Accoglienze

Fatico ad assorbire informazioni in merito a cose, ma anche a persone, per cui non provo il benché minimo interesse. Per tutto ciò che non mi stimola curiosità. E allora osservo, e ascolto impassibile, ciò che la vita mi va a raccontare, lasciando inalterato e spoglio, ogni angolo di memoria, sempre pronto a nuova e corroborante accoglienza. La mia pelle è tovaglia, scacchi bianchi e rossi, solo selezione impermeabile di stimoli ben piantati.

Abitudine

Riflettevo sul concetto di “abitudine” e mi sono incuriosito nel cercarne l’etimologia, che ovviamente, come suggerisce la parola stessa, deriva da “abito”. Ma a sua volta quest’ultimo deriva da “modo di essere, disposizione dell’animo”, un significato molto più profondo di ciò che potrebbe fuorviare, ovvero il vestito esteriore. Così mi è venuto in mente che anche nelle relazioni, quando ci si lamenta del subentro di abitudine, si commette un errore grossolano, perché l’abitudine a comportarsi in un certo modo peculiare al rapporto c’era fin dall’inizio; è piuttosto il rinnegare, il rinunciare all’abito caratterizzante degli inizi a impoverire e sbriciolare il rapporto stesso. La stanchezza, il distacco, le piccole o grandi ostilità, il disinteresse, la perdita di stima e di rispetto, lo spegnersi di passioni ed emozioni, tutto questo è un vero e proprio tradire le abitudini iniziali, quando l’entusiasmo dimorava nella relazione. Credo sia un processo fisiologico, anzi: per coloro che posseggono il dono della resistenza, la capacità di mettersi in discussione e la volontà di tramutare le umane paure del cambiamento in coraggio, questo può essere un salto di qualità che conferirà alla conoscenza nuova linfa, un rinnovato modo di vivere in compartecipazione.